Antoni diggei

Gli scioperi delle testate giornalistiche della rai sono caratterizzate da un diverso risultato fra TV e Radio. Da un lato ci possiamo fare un’abbuffata di repliche e spezzoni (ultimamente collegati in maniera incoerente fra loro) di vecchi programmi RAI, sketch della smorfia, canzoni di Mina con l’orchestrona, Grillo non ancora impazzito e alla via così, mentre in radio compare la figura di (così lo chiamo io) Antonio il DJ. Antonio il DJ vive in una stanzetta a via Asiago, con sopra il letto i poster dei Camaleonti, di Mal e (in vena di trasgressioni) dell’Equipe 84. Ogni volta che c’è lo sciopero dei giornalisti in radio Antonio viene cortesemente svegliato da un capostruttura con lo zuppone e portato in una stanzetta sotto il seminterrato. Li c’è, perfettamente conservato dai sapienti tecnici RAI, uno studiolo Radio anni ’70, con tanto di microfono simil-Shure, i cartoni delle uova alle pareti, e la pila di vinili messi da un lato del banco mixer. Antoni diggei si scuote, si mette il cuffione e inizia, vinile dopo vinile, a mettere su una programmazione che retrò è dirgli poco, mentre fa i suoi interventi fra un brano e l’altro (ma il microfono è rigorosamente spento). E a casa chi è abituato a gestire i suoi tempi con la radio arriverà inevatibilmente in ritardo, rimbalzando fra un Ruggeri d’annata, Master Blaster e la luna bussò, fino alla fine dei tempi.

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